Byung-chul Han, la crisi della narrazione; l'informazione politica e vita quotidiana, Einaudi, stile libero extra, 2024
Un libro strano insolito apparentemente contradditorio pieno di
suggestioni: lo smartphone permette solo uno scambio sempre più veloce di informazioni
Viviamo all'interno di uno tsunami dell'informazione in cui si perde il bisogno di senso l'identità e l'orientamento
Raccontare di contro presuppone uno stare in ascolto un'attenzione profonda
nell'attuale tempesta della contingenza la società dell'informazione priva di orientamento e devota di senso.
L'informazione non sopravvive oltre l'attimo stesso in cui viene annunciata: l'informazione si consuma
Il mondo è sommerso da informazioni.
Oggi ci troviamo storditi dalla frenesia dell'informazione e della comunicazione.
La memoria umana è selettiva; è questo che la differenza da una banca dati.
La memoria è narrativa mentre l'archiviazione digitale lavora aggiungendo un dato ad un altro in modo cumulativo. La prassi narrativa invece si basa sulla selezione, sul collegamento di eventi. procede in modo selettivo
L'obiettivo della società dell'informazione è quello di trasferire la vita in un insieme di dati. Tanti più dati vengono raccolti su una persona tanto più è possibile sorvegliarla, governarla e sfruttarla economicamente proprio mentre il tono faccia credere che si tratti solo di un gioco. Proprio allora viene completamente sfruttata, controllata. Proprio mentre si presenta come un passatempo, lo smartphone si rivela come un panopticon digitale.
La vita nell'epoca attuale è nuda in un modo assolutamente peculiare. Le manca ogni fantasia narrativa. Le informazioni non possono essere legate le une alle altre per formare un racconto e così le cose cade a pezzi il senso delle cose: c'è il passaggio, un essere uno accanto all'altro o uno essere dopo l'altro in eventi svuotati di senso.
Il chiasso della comunicazione dell'informazione serve proprio evitare che la vita si trovi dinanzi al proprio vuoto angosciante.
La stessa fame di selfie non può essere ricondotta al narcisismo. A portare alla fame di selfie è più che altro un vuoto interiore all'io. Mancano occasioni di senso che possano dargli identità stabile. Al cospetto del vuoto interiore l’io produce permanentemente se stesso. I selfie riproducono un sé nella sua forma vuota.
L'epoca post narrativa è un'epoca priva d'introspezione: le informazioni estrofflettono ogni cosa al posto dell'introspezione del narratore abbiamo il vigile stare all'erta del cacciatore di informazioni
Lo smartphone risulta il più efficiente dispositivo per schermarci dalla realtà stessa il touchscreen innesca come effetto la completa sparizione della realtà nel suo aspetto di volto che ci sta dinanzi. Privato della sua alterità, l'altro diventa qualcosa che può essere consumato e cancellato
Il consumo di serie televisive tipo Netflix tutt’al più si caratterizza come una imbambolata abbuffata televisiva. Lo spettatore viene ingrassato come una bestia da consumo. L’abbufata televisiva può essere generalizzata come la modalità di percezione che caratterizza l'epoca digitale tardo moderno.
Solo nella misura in cui la teoria ha una forma narrativa può essere anche una passione; è proprio per questo che l'intelligenza artificiale non può pensare, poiché non è capace di passione, non è capace di compiere narrazioni affascinanti.
Sigmund Freud in Al di là del principio di piacere, Bollati Boringhieri Torino 2012 cerca di afferrare la relazione tra pulsionalità e coazione a ripetere. Seguendo questa connessione si arriva a parlare di una tendenza generale delle pulsioni a ripristinare uno stato precedente e quindi a una sorta di pulsione che tende verso l'inorganico che caratterizzerebbe la struttura dell'inconscio.
Benjamin e le sue immagini pensiero evoca una scena originaria di guarigione. Il bambino è malato, la mamma lo mette a letto e si siede vicina lui e poi comincia raccontargli delle storie. Raccontare guarisce perché provoca un rilassamento profondo e riconduce a una fiducia originaria. La mano che racconta distende tensioni, scioglie paralisi, ai rigidi esseri riporta le cose in equilibrio, cioè le fa nuovamente scorrere.
Le teorie complottiste hanno evidentemente una funzione terapeutica: forniscono una spiegazione semplice per le condizioni complesse che sono responsabili della crisi.
La fantasia narrativa è curativa.
Paradossalmente proprio la crescente connettività ci isola.
Le storie sui social non sono altro che una messa in mostra di sé: isolano gli esseri umani.
Immagini che svaniscono velocemente dopo essere state notate non raccontano nulla ma pubblicizzano. Sono messe in rete per elemosinare attenzione.
Dove ciascuno rende omaggio a se stesso, celebra messa a se stesso e diventa il prete di se stesso; laddove in rete tutti sono impegnati a produrre se stessi nel rendersi prestanti non può prendere forma alcuna comunità stabile.
In nome della performance e della produttività tale regime isola gli esseri umani gli uni dagli altri e in conseguenza di ciò siamo molto più poveri di racconti capaci di istituire comunità e di dare senso.
Le narrazioni sono più efficaci dei meri fatti o dei calcoli perché esercitano e suscitano emozioni.
Di converso i dati sono senz'anima.
Quello che manca oggi sono proprio narrazioni che aprano un futuro. Le narrazioni che aprano alla speranza. Oggi ci trasciniamo da una crisi all'altra e la politica si è ridotta a problem solving.
Un libro che è un'analisi e al contempo un manifesto contro la società della informazione che distrugge il senso di comunità.