15 marzo 2025
Mi vergogno. Mi vergogno, non ce la faccio. Nascosto dietro i propri sintomi sepolta nella solitudine emarginata dietro le muro dello stigma.
Da anni era affetta da un disturbo dell'alimentazione ma cercava di
tenerlo il più invisibile possibile, nascosto anche a se stessa: Non ne voleva prendere coscienza fino in fondo, dilaniata, sì devastata, dai sintomi. Sperava di celarlo anche al suo gruppo di amici e ai colleghi. Poi la sofferenza era diventata troppo grave, solo allora aveva ceduto e ha chiesto aiuto. E’ stata costretta a chiedere aiuto.
Oggi storie come questa, al femminile e al maschile, perché tanti sono i maschi che ne soffrono, sono dicibili. Per questo c’è il 15 marzo.
Grazie alla insistenza e alla caparbietà di Tavilla, un genitore passato attraverso il dolore della morte della figlia, Giulia, oggi, 15 marzo, l’Italia pensa almeno un po’ ai disturbi della nutrizione e della alimentazione. Il mondo ci ha seguito, lo farà il 2 giugno; anche in quella occasione ì vari testimoni si alterneranno per fare prendere coscienza a trutte le comunità di un problema planetario.
Un urlo rimosso esce dalle mura domestiche, si trasforma in presa di coscienza e arriva a tutta la comunità nelle sue diverse espressioni.
15 marzo, pietra di inciampo per fare una riflessione sui disturbi dell'alimentazione.
Una giornata speciale che serve per far prendere coscienza della gravità della fenomenologia di queste patologie subdole e pervasive.
Una giornata in cui le famiglie assumono la connotazione di testimoni e di caregiver fondamentali, in cui gli operatori assumono la responsabilità della advocacy per aiutare i propri pazienti a essere capiti e accettati, in cui assieme operatori e famiglie sono strumento di formazione della comunità mentre pongono alle istituzioni e al partiti a tutti i livelli il fatto che milioni di persone stanno male nel proprio corpo, col proprio peso e, di conseguenza con gli altri.
Il problema è enorme però passi avanti se ne sono fatti parecchi. Un tempo non lontano i disturbi della alimentazione non erano inclusi all'interno del calcolo delle malattie che danneggiano la qualità della vita: appaiono nel GBD solo dal 2010.
E come se la società si fosse svegliata e avesse cominciato a prendere coscienza della delicatezza, delle profondità, della intimità, del dolore difficile di chi non si sente a proprio agio con sé e con gli altri. I disturbi dell'alimentazione sono una chiave di lettura cruciale per capire le difficoltà che molte persone incontrano nel trovare la sicurezza personale e formano una fissazione sul cibo, sulla forma e sul peso, “luoghi” di scarica dell stress, di condensazione di vissuti di impotenza, di memoria di maltrattamenti e abusi.
Siccome la mente è sociale e siccome esiste la cultura dei tempi, questa è una tra le forme più diffuse di esprimere la sofferenza.
Alla fine dell'Ottocento che uno psichiatra italiano, Enrico Morselli, per primo presentò il caso di due pazienti che vivevano Il proprio corpo come se si trovasse chiuso in un cofano, una bara soffocante. La dismorfofobia si può dire che nacque allora e si prese coscienza dei disturbi della immagine corporea.
Quando col patrocinio di Franco Basaglia e il sostegno di Livio Montanari presentai un primo museo di storia della psichiatria nei congressi e nelle piazze apparve chiara la vita di chi era all'interno dei manicomi. Fu una scossa che risvegliò coscienze fino ad allora ignare.
Ci fu un’epoca in cui la sensibilizzazione ai temi delle dipendenze veniva portata avanti nelle scuole e nei teatri da operatori, familiari e pazienti stessi. Si voleva capire il grave problema sociale depositato nelle piazze e negli androni per imparare ad arginarlo e contenerlo.
La molteplicità degli attori e dei racconti fecero emergere uno squadernamento dei brani narrativi delle diverse storie. Sensibilizzazione, conoscenza e prevenzione non sono mai contenuti asettici monolitici e di sicura efficacia. E’ il lettore, non l’autore, a dare senso allo scritto, diceva Borges. Attori diversi leggono, capiscono, cose diverse. Il che genera una certa ambiguità in tutte le iniziative di prevenzione e sensibilizzazione. Sempre. Più sono sulla viva “carne del dolore” più sono divisive. Alcune sono potenti momenti locali, ci sono centinaia di iniziative straordinarie, altre sono più sui social o in tv, come ad esempio Fame d’amore. C’è chi apre gli occhi e chi si spaventa. Ognuno reagisce con la sua sensibilità ma per chi crede nella scienza, è sempre meglio sapere piuttosto che rimanere ignari. Meglio inclusi che stigmatizzati.
Gli studi medici sono un luogo in cui la manifestazione della sofferenza prende corpo. .
Le persone affette da malattia mentale sono rimaste escluse dalla collettività e ingabbiate dai sintomi.
Da anni abbiamo chiaro che le determinati sociali di salute influenzano la formazione delle malattie; per questo è compito di tutti i professionisti della salute di battersi per cercare di abbattere le barriere dello stigma.
Nella convulsa trasformazione sociale attuale il soffrire il rapporto con il cibo, col proprio corpo e col peso sono tra le patologie più gravi e più diffuse.
A me piace pensare che ogni Associazione dei familiari, ce ne sono decine attive in Italia, ogni professionista, ognuno coi suoi strumenti e le sue relazioni, ma tutti assieme uniti portino aventi un progetto di sensibilizzazione e diffusione della conoscenza sulle cause e sui fattori che favoriscono la formazione delle malattie assieme a un messaggio di speranza: con buone cure, e ce ne sono, multidisciplinari e specialistiche, si può guarire; e se Intercettati precocemente è ancor più facile.
Fondi e professionisti scarseggiano, ma oggi molti Comuni, Aziende Sanitarie, Regioni si muovono e dimostrano che è possibile costruire risposte importanti. Ci sono servizi di qualità. E’ anche merito di chi si è battuto in questi anni, delle famiglie e dei professionisti che si sono attivati,
Molta aree del paese ancora non hanno risposte adeguate: è una disparità inaccettabile. Il governo istituì un piccolo fondo per sostenere la nascita dei servizi ad hoc. Una goccia nel mare di bisogni, meglio di niente, ma c’è ancora molto da fare.
Proprio in questi giorni per iniziativa della vice-presidente del Parlamento Europeo on. Sberna si è richiesto che l’Europa sostenga iniziative di formazione e prevenzione, a tutti i livelli e con ogni mezzo di comunicazione.
C'è bisogno di abbattere i muri, c'è bisogno di costruire percorsi di cura qualificati; c'è bisogno a tutti i livelli che si parli dei disturbi della alimentazione e del peso nelle case e nelle piazze.
Il 15 marzo può diventare una giornata importante in cui poter prendere il tempo per riflettere su un tema difficile ma emblematico delle difficoltà che le persone possono avere nel rapporto con se stesse, col proprio corpo e nelle relazioni, dalle più strette, in famiglia e con gli amici, alle più larghe, nei contesti sociali e sui social.
Il 15 marzo è un ponte di fiducia lanciato a chi è schiacciato dalla malattia affinchè trovi il coraggio di uscire per chiedere aiuto e trovi una comunità sensibile, rispettosa e competente ad accoglierlo. Dai disturbi delle alimentazione si può guarire. E assieme è ancor meglio.
citazione Umberto Nizzoli www.umbertonizzoli.it