Oggi una risposta del tipo, questo è un farmaco vero mentre questo è solo un placebo non la si accetta più neppure da un infermiere. Tra i grandi italiani viventi il prof Benedetti è diventato famoso nel mondo con un libro che ha fatto scuola, Placebo edito dalla Oxford press università.

Al giorno di oggi gli scienziati stanno studiando il placebo come un fenomeno psico-biologico e la risposta al placebo come una parte potenzialmente importante del successo di molti (quasi tutti) i trattamenti medici. I ricercatori stanno usando le valutazioni psicologiche, le scansioni cerebrali e la tipizzazione genica per capire meglio come le risposte placebo funzionano per individuare chi ed in quali condizioni risponde meglio alla loro somministrazione. Sì somministrazione, perché dare il placebo giusto nel momento giusto può essere un mezzo molto potente di cura. La ricerca più evoluta sta dando promettenti risultati e comincia a fare comprendere come si può portare al cambiamento dello stato clinico: i cambiamenti riguardano in particolare modo su come condurre le future ricerche e, soprattutto, nel modo in cui i sanitari curano i pazienti. Si sta affermando una nuova scienza la psico-neuro-endocrino-immunologia che in modo globale studia e cura le principali malattie.

La comprensione dei meccanismi alla base degli effetti placebo può cambiare la comprensione di quando e come i trattamenti funzionano e come utilizzarli. Non si tratta di somministrare farmaci contraffatti o acqua minerale, ma di capire come avvengono i cambiamenti. Cioè quali sono i meccanismi che la mente attiva per modificare le sensazioni: sarà tutto materiale per imparare a prendersi meglio cura dell’altro.

Il placebo in pratica funziona come una terapia di tipo cognitivo perché attingere alle credenze della gente e ne mobilita la speranza che si può ottenere di meglio. E regolarmente succede. Lo studio sui meccanismi del placebo illumina su come la mente si fa medicina di sé stessi. Per molte malattie, la miglior medicina.

La questione placebo è studiata da secoli. Nel 1784, Benjamin Franklin ha valutato se i campi di forza magnetici potevano curare le malattie; un medico austriaco, Franz Anton Mesmer aveva introdotto il magnetismo nella sua pratica. Oggi i ricercatori utilizzano la neuroimaging per vedere come il cervello risponde ai placebo ed hanno scoperto che i placebo danno sollievo dai sintomi per un certo numero di malattie.

Ad esempio, una meta-analisi di 25 studi che hanno utilizzato neuroimaging per studi sul dolore e sul placebo ha scoperto che le persone che hanno preso placebo hanno ridotto la sensazione di dolore come dimostrato dalla riduzione dell’attività nelle regioni del cervello associate con l’elaborazione del dolore.

Anche se i placebo possono lavorare attraverso vari meccanismi, la ricerca in corso suggerisce che essi hanno l’effetto maggiore nei sistemi neurali coinvolti con l’elaborazione della ricerca della ricompensa ricerca, della motivazione e delle emozioni. I placebo si attagliano pressoché a tutte le condizioni di sofferenza e malattia ma sembrano essere particolarmente efficaci nei pazienti con depressione, con il morbo di Parkinson e nel dolore. Tutte e tre le condizioni riguardano il neurotrasmettitore dopamina.

In un recente studio su pazienti con depressione, il dottor Leuchter dell’Università della California, a Los Angeles, ha scoperto che i partecipanti che hanno ricevuto le pillole placebo e una terapia di supporto hanno ottenuto risultati migliori di quelli che avevano solo una terapia di supporto e largamente sovrapponibili a coloro che avevano ricevuto un antidepressivo e terapia di supporto. Questi risultati sono possibili perché si legano alle aspettative dei pazienti su quanto le pillole avrebbero funzionato (British Journal of Psychiatry, 2014).

Umberto Nizzoli