Forse sarò un po’ lungo, ma vorrei condividere la Vision cui orientare i servizi per le dipendenze. Insomma vorrei vedere le cose al positivo e al futuro.
Prendiamo le cose alla larga.
Pur di fronte all’esigenza di allargare i valori del libero mercato, non si può intendere accettabile l’opportunità che il mercato si allarghi fino ad includere tutti i servizi per le dipendenze. Questa evenienza non è né auspicabile né materialmente possibile.
Non è possibile perché buona parte delle persone che attualmente si rivolgono ai servizi godono di pochi strumenti economici o assicurativi, ad esclusione di quelli provvisti dagli apparati dello stato; sicché costoro non rappresentano un target di mercato ambito, né costoro possiedono somme per pagarsi le cure desiderate. Certamente fra le persone che sono affette da un disturbo da uso di sostanze molte avrebbero i mezzi per pagarsi le cure ed anzi già oggi molti lo fanno; sono invece coloro che stazionano abbastanza stabilmente nei pressi di un Sert ad avere grandi problemi economici: costoro difficilmente rappresenterebbero un mercato appetibile se non fosse sussidiato dal pubblico.
Non è auspicabile perché le dipendenze rappresentano un fenomeno che condensa le contraddizioni sociali che qui richiamo brevemente per titoli: giovani- adulti; individuo – collettività, autoctoni – immigrati; sanità – giustizia. Insomma appaltare ad imprese private la totalità dei servizi per le dipendenze significherebbe escludere lo stato dalla gestione dei temi sociali suddetti.


Personalmente non ho contrarietà particolari al fatto che possano essere privati a gestire direttamente i servizi; non avrei contrarietà neppure se tutte le unità di produzione fossero gestite da privati. Quindi nutro un grande favore all’ingresso di privati nella produzione di unità di offerta o di servizi. La mia assoluta contrarietà è all’assenza di regole, di imposizioni, ovviamente non vessatorie ma chiaramente motivate, di controlli e di conseguenti conclusioni. E’ il lassaiz-faire all’iniziativa privata che non mi convince. (Lascerebbe scoperti coloro i quali non godono di sufficienti protezioni, introdurrebbe logiche perverse, purtroppo già viste all’opera in altri mondi sanitari, della rincorsa al paziente più facile, più remunerativo, così come all’incentivazione del consumismo sanitario con i suoi effetti negativi di ingigantimento della spesa e di indebolimento delle capacità di autonomia individuale scosse fin dalla più tenera età dall’abitudine a riempirsi di accertamenti, di pillole e di consultazioni).
E’ quindi largamente auspicabile che nel campo delle dipendenze patologiche ci sia più stato e non meno stato come facili e seducenti slogan vorrebbero indicare per le materie sociali.
Proprio perché sono convinto che le dipendenze patologiche sono l’epifenomeno dei conflitti sociali della modernità, occorre una forte presenza dello stato, non una sua delega. Presenza però che colga il cuore dell’esigenza della sua presenza che consiste nell’utilizzare i servizi per realizzare la sua politica di contenimento, smorzamento, risoluzione dei conflitti, sviluppo dei diritti di cittadinanza e di empowerment. Serve invece più stato moderno: un welfare riformato. Uno stato leggero nei suoi apparati, ma autorevole nei suoi dettati. Uno stato (un pubblico) che condensi in sé i compiti di indirizzo, di programmazione e di verifica – controllo.
Il mercato contribuisce ad allargare i diritti individuali e collettivi. Che senso avrebbero le conquiste dei diritti se essi non comportassero la capacità concreta di acquisire quei beni che rendono quei diritti veri e non solo auspicati? L’espansione del mercato va di pari passo con l’espansione dei diritti.
Ho una vecchia predilezione per ricercare i parametri sottesi all’agire clinico. Mi piace perché mi convince che il mestiere di clinico e di decisore clinico ha solide basi filosofiche e non scade nella medicina idraulica di platonica memoria. Ovviamente tutto ciò rimanda all’ipotesi che esista un senso all’agire nel mondo e che ciò non coincida con il caos.
Dell’allargamento dei diritti qui interessa osservare che è progressivamente riconosciuto (ovunque) il diritto anche ai malati. L’OMS chiede che, non più dipendenti dal medico, si emancipino. “La malattia è mia e me la gestisco come mi pare”, si potrebbe parafrasare dal femminismo.
Ma coi diritti emerge la questione di dare garanzie ai “clienti”.
I servizi sono invitati a dichiarare anticipatamente le garanzie che riconoscono ai cittadini-utenti
Inoltre ancora l’OMS dichiara che i servizi sanitari sono capaci di migliorare le condizioni sanitarie delle popolazioni per non oltre un 25-30%. Il restante, e che restante(!), dipende dalle condizioni economiche, residenziali, lavorative, culturali e dagli stili di vita delle popolazioni stesse.
Per queste ragioni siamo tutti invitati a privilegiare e ad aumentare la prevenzione, intesa come educazione e promozione della salute delle popolazioni.
Qualche governo si spinge ancor più in là: siccome è lo stile di vita che influenza primariamente la condizione sanitaria dell’individuo, si rifiuta di prestare cure a chi non dimostra di seguire uno stile di vita salubre.
Ma accogliendo solamente l’indicazione liberatoria dall’ignoranza, poiché è evidente che se si vuole ascrivere ai singoli la responsabilità delle loro dabbenaggini bisogna che qualcuno gliele spieghi, ne deriverebbe l’abbattimento delle catene culturali che trattengono al di là della formazione i poveri ed i marginali.
In tutti i casi il disegno raffigurato dall’OMS punta a ristabilire i rapporti fra individuo e servizi.
I servizi sono appunto tali, a disposizione dell’individuo. Ecco la radice dell’esigenza della personalizzazione delle cure (se un servizio rimane “fermo” nella produzione/imposizione di un programma va superato).
Il processo clinico descritto vede i servizi fortemente inseriti nell’ambiente del cittadino cliente. Poiché la medicina non è autosufficiente, essa deve mettersi in rete con le altre agenzie che influenzano e determinano lo stato di salute individuale. Tanto più che le patologie prevalenti tendono ad essere spesso ad eziologia incerta e comunque multi determinate. Si presentano con sintomatologia multi dimensionale, richiedono valutazioni multiassiali, meritano trattamenti multidisciplinari che oltretutto per ambire a garantire la continuità terapeutica devono essere integrati a rete.
Insomma alla complessità con cui si formano e si manifestano i problemi si deve tendere a rispondere con interventi adeguati a contenere, comprendere, la complessità. Ovviamente non sarà mai possibile riprodurre nel sistema curante una complessità pari a quella con cui si presentano i problemi. Solo le cure integrate possono ambire ad essere considerate appropriate ai problemi che affrontiamo.
Si apre così il paradigma della qualità (che deve essere crescente) dei servizi. Lungi ormai anni luce dall’agire secondo scienza e coscienza, lo sviluppo continuo della qualità inevitabilmente si spinge a ridisegnare il potere dell’agire clinico sottomettendolo a regole di metodo. La condotta clinica è soggetta a verifiche, a giudizi da cui spesso dipendono gratifiche ed avanzamenti.
Qui si aprirebbe il capitolo sulla responsabilità e sull’integrità del lavoro clinico, e della scienza in genere, ma ci allontaneremmo dalla nostra materia.
Benché la qualità sia ammantata di terminologie e know-how specialistico, in ultima istanza significa semplicemente fare bene le cose giuste. Nella realtà della sanità e più in particolare delle dipendenze patologiche le cose però non sono così semplici, né così chiare.
La medicina è in crisi per via della complessità con cui si presentano e con cui leggiamo i fenomeni.
Le sofferenze tendono ad essere pervasive a non limitarsi al malfunzionamento o al dolore di un organo o di un apparato. Esse si presentano nel modo complesso, a confini sfumati, coinvolgente molti, se non tutti, gli aspetti del vivere della persona, richiamano, condensano o trasformano conflitti e patologie che ineriscono ai gruppi sociali, ad iniziare dalla famiglia, di cui la persona fa parte. I fattori che determinano le patologie di cui ci occupiamo afferiscono a “terreni” lontani. Essi hanno contemporaneamente ed indistricabilmente aspetti genetici, biologici, storico-evolutivi, psichici e sociali. Ne deriva che l’attività di cura di patologie multicausali ed a presentazione multifattoriale a tendenza recidivante richiedono trattamenti multidisciplinari e multidimensionali.
Le sfide della complessità vengono perciò affrontate con team multidisciplinari sempre più estesi e, ciò nonostante, insufficienti. Non ci sarà mai un’equipe così dotata e competente da potere racchiudere le specialità necessarie per ricomprendere tutti i bisogni delle persone in cura. Di qui l’ineludibilità della definizione di procedure e protocolli come delle linee-guida che permettano al professionista di orientarsi nella selva quotidiana delle decisioni cliniche avvalendosi della collaborazione di altri professionisti. Ecco che lo sviluppo continuo della qualità aiuta a presidiare l’esigenza del lavoro multidisciplinare ed interservizi, perché come non è sufficiente un singolo professionista non lo è neppure il singolo servizio di norma inadeguato a seguire la persona nella sua storia di sofferenza con i momenti di maggiore inserimento familiare o lavorativo che si susseguono a quelli in cui servono cure più intense o in regime di ricovero.
Quindi il punto è: chi governa (in Italia, nelle Regioni, nelle ASL, nei Comuni) deve pensare e garantire un sistema di servizi. I modelli organizzativi sono influenzati dalle condizioni storiche (locali, personali, “logistiche”) in cui si realizzano, ma l’importante è che ci sia e funzioni il sistema unitario ed integrato ei servizi per l dipendenze patologiche. Quindi occorre (in ogni ASL) un piano, un elenco di attività azioni da fare, un elenco di attori per eseguirle, uno schema organizzativo che individui responsabilità, interfacce, sinergie ed un sistema di valutazione efficiente. Cioè occorre un chiaro sistema di clinical governance (la governance non significa governo inteso come potere degli individui, ma sistema di comando: in ultima istanza in sanità ci si deve basare sulla corresponsabilità di tutti gli attori). Ne consegue che è necessario tutto un lavoro di responsabilizzazione e valorizzazione di ognuno degli attori del sistema dei servizi anziché di una loro riduzionistica “messa in riga”. Per redigere il piano occorre dotarsi di un approccio a matrice dove i singoli bisogni vengono elencati e specificati e rilevati per gli intrecci con altri con cui simultaneamente si presentano: in questo modo vengono identificati i vari target e per ognuno di essi andrà descritto cosa di meglio è in grado di offrire il sistema dei servizi locale.
Ci sarà quindi per forza una rete composta da vari servizi e dalle varie agenzie che esprimono competenze in materia. Esse assieme formano il sistema curante cui dobbiamo dare un’organizzazione. Pertanto la rete è lo strumento attraverso il quale si eseguono le azioni di volta in volta individuate per prevenire o curare gli stati di dipendenza. Per il suo buon funzionamento la rete prevede di un’armonia ed un coordinamento interno. La rete però è anche il metodo di lavoro ritenuto più adeguato e più efficace. La rete è pure il fine ad alto contenuto strategico che chiede a tutti i presidi pubblici e privati di dichiarare in modo esplicito e socialmente controllabile le loro regole ed i criteri di funzionamento facilitando così il riconoscimento del reciproco ruolo. Infine la rete è un sapere specifico. Sapere cooperare, sapere interagire, sapere progettare assieme e sapere gestire assieme. Ovvio che per appartenere alla rete occorra dare testimonianza della qualità delle procedure seguite tramite l’Accreditamento.
La costruzione del sistema curante si basa su fondamenti di riferimento. Essi sono:
1. L’abuso di sostanze è una sindrome complessa, multicausale, a rischio cronico di ricaduta e che può portare alla completa perdita di autonomia. Esso dà esito ad una gamma di esperienze di uso di sostanze che spesso comportano complessi problemi sanitari e sociali che richiedono un trattamento per un lungo periodo di tempo. Mentre alcuni consumatori di sostanze traggono beneficio da interventi brevi, altri richiedono trattamenti più intensivi o prolungati.
2. Le politiche recenti basate sulla best value orientano i servizi a considerare sia la qualità sia il costo, attraverso i mezzi più efficaci, più economici, più efficienti possibili.
3. Un efficace sistema di servizi richiede uno spettro di cure, da quelle generiche (per esempio l’alloggio, il servizio medico e l’assistenza sociale generici) a quelle basate su strutturati programmi terapeutici (per esempio il counselling, la terapia cognitivo-comportamentale, la prescrizione di sostitutivi, i centri-diurni), fino a quelle che realizzano programmi intensivi specialistici (per esempio l’unità specialistica di ricovero o la riabilitazione residenziale).
I consumatori di sostanze possono anche presentare bisogni complessi che richiedono l’accesso a servizi altamente specialistici ma non forniti solamente per loro (per esempio le unità ospedaliere per la cura del fegato, le unità psichiatriche, i servizi per terminali). Di conseguenza progettare un sistema di trattamento deve tenere conto della miriade di interfacce fra i servizi specialistici e generici per il trattamento delle dipendenze, le altre agenzie specialistiche e generiche sanitarie e sociali e le agenzie degli apparati della giustizia.
4. Lo scopo del trattamento è abbinare il livello e l’intensità dei servizi terapeutici più attentamente possibile con i bisogni che si presentano. Per realizzare un sistema efficace che soddisfi le diverse esigenze di trattamento dei consumatori di sostanze, deve agire un processo composto da screening, valutazione, coordinamento e revisione del trattamento.
Dato che il bisogno di trattamento evolve nel tempo, la valutazione deve essere un processo continuo, che in sé richiede differenti livelli di intensità, portata e abilità. La valutazione continua dovrebbe contribuire ad organizzare il percorso terapeutico. D’altro lato i consumatori di sostanze che lo desiderano dovrebbero potere accedere al sistema senza impedimenti. Infine, capita spesso che il consumatore di sostanze richieda il trattamento simultaneo sia di servizi specialistici sia di servizi generici; ciò richiede una gestione particolarmente attenta, un coordinamento efficace e metodi di funzionamento congiunto.
5. Ogni sistema di servizi locale deve includere una gamma di interventi, comprensivi dei consultori e della diffusione di informazioni, della riduzione del danno, dei programmi strutturati di psicoterapia collegati alla prescrizione di sostitutivi (ove necessario) e dei programmi residenziali, eccetera.
6. I bisogni dei consumatori di sostanze sono influenzati in vario grado dalle caratteristiche demografiche personali (genere, origine etnica, età), dai tipi di droghe usate, dall’estensione dei danni e delle complicanze e dal tipo di situazione sociale e dei relativi supporti o stressori ambientali.
Ne consegue che i servizi per i consumatori di sostanze possono essere raggruppati in 4 vaste filiere.
Filiera 1: filiera di servizi generici (non specialmente esperti nelle tossicodipendenze)
La filiera 1 è formata dai servizi e dai professionisti sanitari che offrono una vasta gamma di prestazioni mediche generiche, per le cure primarie, gli operatori sociali, ma anche gli insegnanti, i farmacisti del territorio, i servizi di affidamento in prova, dagli alloggi popolari e le case alloggio e dai dormitori. Gli ospedali generali ed i servizi psichiatrici hanno tra i loro pazienti una elevata prevalenza di persone che abusano di sostanze.
I servizi della filiera 1 funzionano con una vasta gamma di clienti ivi compresi i consumatori di sostanze, ma il loro scopo non coincide con il trattamento degli stati di abuso. Questi professionisti devono essere adeguatamente addestrati e sostenuti per funzionare bene anche con i consumatori di sostanze. Inoltre i professionisti della filiera 1 devono potere disporre dei riferimenti locali per l’invio dei consumatori ai servizi specialistici. È spesso molto utile utilizzare i professionisti appartenenti ai servizi della filiera 2 e della filiera 3 con compiti di collegamento per addestrare e sostenere i professionisti della filiera 1. Dove la prevalenza dell’abuso di sostanze è alta, come ad esempio nell’ospedale generale, nelle emergenze-urgenze, è necessario che i servizi specialistici vi svolgano compiti di collegamento o di supporto. I professionisti e le agenzie della filiera 1 non sono perciò solo agenti di invio che indirizzano i consumatori. Essi fanno parte del sistema del trattamento. E’ essenziale che essi forniscano prestazioni coordinate con i servizi specializzati (per esempio le cure mediche generiche all’interno dei trattamenti comunitari, l’alloggio per i consumatori che abbandonano il trattamento residenziale). Infine, con l’adeguato addestramento specifico ed il necessario supporto, i professionisti generici possono fornire efficaci interventi focalizzati ai consumatori con bisogni meno complessi o tali da non giustificare che il consumatore debba riferirsi a un servizio specialistico. Insomma i tossicodipendenti non debbono essere “figli” solo dei servizi specifici: altrimenti si formerebbe un ghetto. Di converso l’opportunità di rivolgersi a servizi della filiera 1 rientra tra i metodi della piena affermazione della loro cittadinanza.
Alcuni servizi della filiera 1 sono altamente specializzati e ad alta soglia; essi devono avere stretti collegamenti con i servizi delle altre filiere. Gli esempi includono le unità di epatologia che trattano le complicanze delle affezioni epatiche alcolcorrelate e le unità di malattie infettive, i servizi legali per i criminali affetti da grave patologia mentale, le unità specialistiche per la cura dei disturbi del comportamento alimentare, i servizi per terminali. Un altro tipo di esempio di servizio della filiera 1 è il ricovero psichiatrico di emergenza. I consumatori di sostanze possono presentare severi ed acuti disturbi mentali, non esclusivamente in conseguenza dall’abuso di droghe (per esempio la suicidalità, l’assassinio, le psicosi indotte). I servizi di emergenza sono forniti giustamente dai servizi psichiatrici per acuti piuttosto che da servizi della filiera 4.
Nella progettazione globale della gamma dei servizi occorre tenere conto del livello elevato di co-morbilità.
Filiera 2: I servizi di libero accesso per tossicodipendenti.
All’interno di questa filiera i servizi forniscono prestazioni accessibili alla più vasta gamma possibile di consumatori di sostanze (politiche di facilitazione dell’accesso). I servizi sono di riferimento per una varietà di potenziali invianti, compresi gli auto-invii. Il riferimento è l’arco delle prestazioni della Riduzione del danno. Lo scopo del trattamento in questa filiera è convincere i consumatori ad ingaggiarsi nel trattamento senza che siano necessariamente richiesti un livello elevato di impegno, come è invece previsto in programmi strutturati, né un processo complesso e lungo di valutazione. I servizi di questa filiera includono anche i programmi di scambio di siringhe e le unità di strada che offrono sia informazioni sia prestazioni mediche e materiale ad hoc.
Vanno anche forniti l’inserimento lavorativo, il sostegno alla genitorialità e la consulenza legale generica. I servizi della filiera 2 non implicano in sé un più basso livello di abilità rispetto ai servizi a soglia più elevata. Effettivamente molte delle funzioni all’interno di questa filiera richiedono un livello elevatissimo di formazione professionale e di abilità. Tuttavia, questa filiera è definita a bassa soglia avendo meno requisiti per accedervi, così come minori sono le regole cui i pazienti debbono sottostare. Frequentemente i consumatori di sostanze accedono ai servizi per le tossicodipendenze tramite quelli della filiera 2, per ingaggiarsi in seguito in quelli di filiere più alte.

Filiera 3: Servizi territoriali specialistici per le tossicodipendenze
Questa filiera include i servizi che forniscono prodotti terapeutici solo per i consumatori di sostanze (specificamente i Sert). I servizi inclusi in questa filiera erogano programmi terapeutici strutturati (per esempio programmi basati sulla terapia cognitivo-comportamentale, la gestione di gruppi psico-educativi, la terapia sistemica e familiare, i programmi di sostituzione a mantenimento o comunque strutturati, disintossicazione), terapie ambulatoriali (sia fornite in programma drug-free, sia integrate a trattamenti con metadone prescritto – anche dal medico di medicina generale. L’attività di “osservazione e diagnosi”, l’assessment, fa parte di questa filiera cui consegue un percorso assistenziale individuale che va convenuto, indicato il suo referente o coordinatore del caso. Ogni quartiere o comune o distretto deve disporre dell’accesso sia ai servizi della filiera 2 sia a quelli della filiera 3 per accogliere la gamma più vasta possibile dei bisogni e delle fasi motivazionali dei consumatori di sostanze.

Filiera 4: Servizi residenziali per le dipendenze patologiche.
I servizi di questa filiera sono orientati su quegli individui con un elevato livello di bisogno. I servizi di questa filiera includono le unità di trattamento in regime di ricovero, la riabilitazione residenziale e i centri residenziali di osservazione e diagnosi. Anche i centri crisi residenziali per tossicodipendenti fanno parte della filiera. I servizi della filiera 4 richiedono solitamente un livello elevato di motivazione ed un impegno da parte del consumatore ben più alto rispetto ai servizi delle filiere più basse. Fatto salvo per le unità di intervento in stato di crisi, i pazienti accedono molto di rado direttamente a questi servizi, dato che normalmente entrano in contatto prima con i servizi della filiera 2 e/o della filiera 3.
I servizi della filiera 4 sono quasi senza eccezione basati su programmi orientati all’astinenza. L’accesso alla filiera 4 richiede una valutazione ed una preparazione molto attente del consumatore per elevare l’efficacia del programma e la compliance alle cure.
In qualsiasi dato momento il numero di individui che frequentano i servizi della filiera 4 è inferiore a quello dei servizi a soglia più bassa. Di conseguenza in termini di pianificazione i servizi della filiera 4 necessitano di un bacino geografico spesso ben più ampio per raggiungere la massa critica di clientela necessaria per avere il massimo impatto delle risorse investite.
Le filiere descritte suggeriscono un continuum delle cure, dove gli individui possono salire o scendere lungo le quattro filiere per accedere al servizio più appropriato. Ciò è dato dal fatto che i bisogni dei consumatori di sostanze cambiano (per intensità, rischiosità, gravosità, tipologia) nel tempo. Già ora qualche fornitore tra i più esperti può utilizzare un metodo di cure fatto a passi per coordinare il programma del paziente nel tempo. Tuttavia l’innovazione offerta dalla realizzazione del sistema dei servizi per le dipendenze patologiche consiste in un considerevole miglioramento nel coordinamento delle varie attività.
Il coordinamento delle cure per gli stati di abuso include tutti gli strumenti territoriali: servizi e progetti. Qualunque sia la soluzione organizzativa locale è tuttavia importante sottolineare che il coordinamento del sistema dei servizi per il trattamento degli stati di abuso è differente dal programma di tutela della salute mentale. I due sistemi rimangono separati come branche operative, anche se afferiscono ad un medesimo organismo. Tra le due linee operative (è supponibile che anche i servizi per il trattamento dei disturbi mentali possano essere articolati in 4 filiere, distinte tra loro) vanno incentivati le comunicazioni ed i collegamenti per la gestione delle persone con cosiddetta doppia diagnosi. Il metodo di coordinamento del sistema dei servizi di cura delle dipendenze patologiche qui esposto non è totalmente nuovo. Metodi che gli si avvicinano sono adottati in certe regioni o ASL, pertanto esistono buone pratiche che varrebbe la pena valorizzare. Si tratta però di rendere il metodo sistematico e capillare.
A ben vedere non esiste un unico soggetto organizzativo istituzionale garante dell’esecuzione di tutte le attività offerte dalla rete: per forza ci saranno plurimi attori. Qualsiasi sia l’ampiezza delle offerte messe in campo da un’istituzione, ad esempio da una ASL, esse non ricomprenderanno mai tutte le attività necessarie: saranno sempre porzioni del sistema dei servizi. Ne consegue che va creato un Programma con compiti forti di indirizzo e di controllo su tutti i servizi ai vari livelli nazionale, regionale e aziendale; (nell’ASL in quanto autorità sanitaria e non in quanto dispensatrice di alcuni servizi).
Qualsiasi comunque sia il modello organizzativo prescelto, riuscire finalmente a produrre un programma unitario ed integrato del sistema dei servizi va considerata un’assoluta priorità destinata a rinforzare il mandato dei servizi per il trattamento degli stati di abuso. Infatti il governo clinico è finalizzato a promuovere la qualità, l’efficienza e l’efficacia del sistema dei servizi per la cura delle dipendenze patologiche. Il fuoco del programma è posto sulla gestione e sul coordinamento efficaci di vari servizi e agenzie con cui i consumatori sono in contatto e che, assieme, costituiscono il sistema dei servizi per il trattamento.
I presupposti razionali su cui si basa il programma sono:
1. Il trattamento efficace riunisce la gamma di servizi che vanno da quelli generici ai programmi specialistici intensivi;
2. Dato che i bisogni dei consumatori sono differenti e mutevoli, un processo di valutazione sistematica e continua è il modo migliore per fare combaciare i bisogni dei consumatori di sostanze con gli interventi più appropriati;
3. Nel sistema attuale, i bisogni dei consumatori di sostanze non sono sufficientemente accolti tramite i contatti appropriati per mancanza di adeguati metodi di facilitazione dell’accesso e di assessment. Ciò è un effetto della mancanza di corretta valutazione dei bisogni e dell’assenza di sistemi di cura coordinati;
I consumatori di sostanze dovrebbero potere disporre dell’accesso a servizi adatti ai loro bisogni, indipendentemente dall’età, dal genere, dall’origine etnica e geografica e dalla loro posizione sociale;
Il programma si basa su 12 raccomandazioni chiave:
1. Un professionista può incontrare e valutare un consumatore di sostanze solo se ha un livello adeguato di esperienza, di qualificazione e di competenza. La sua condotta si fonda su chiari criteri deontologici scritti.
2. Le valutazioni dei consumatori di sostanze dovrebbero essere sempre pluridisciplinari e multiassiali sia nel metodo sia nell’offerta per beneficiare di una vasta gamma di abilità e di competenze.
3. Lo sviluppo di un sistema integrato di cura è caldamente suggerito per guidare l’organizzazione e l’implementazione dei trattamenti erogati sia in forma diretta sia tramite agenzie dei fornitori.
4. Ci deve essere un professionista (case manager) che ha la responsabilità di accertare che le cure siano adeguate e fornite in modo coordinato.
5. La valutazione del consumatore di sostanze deve esitare in un programma terapeutico, meglio se scritto, comunque con lui concordato.
Ogni servizio deve garantire che il consumatore di sostanze possa avere accesso, se necessario,
a tutte le tipologie di prestazione di cui ha bisogno.
7. Ogni servizio già al proprio interno deve poter offrire più opzioni anche solo relativamente alla stessa tipologia di prestazione.
Ogni servizio deve garantire che le prestazioni affidate a fornitori esterni rispondano a precisi criteri di eleggibilità e siano sottoposti a test di verifica.
Ogni area di attività del servizio deve garantire che le proprie attività siano monitorate e valutate
10. I committenti devono accertarsi che all’interno dei programmi sanitario e sociale locali siano in funzione adeguati sistemi e processi per controllare lo sviluppo e l’efficacia dei percorsi integrati di cura.
11. Vanno sviluppati ed applicati dei metodi standardizzati di screening/triage e di valutazione
12. I consumatori di sostanze devono partecipare attivamente ai processi di valutazione e di trattamento.
Molti Paesi hanno adottato strategie nazionali di lotta alla droga o Piani contro la droga a cadenze regolari. In effetti occorrerebbe una politica coerente e coordinata per contrastare l’abuso di sostanze e le condotte di dipendenza. Questa politica sanitaria dovrebbe articolarsi nei Piani europeo, nazionale, regionali, locali e distrettuali (comunali) tra loro debitamente coordinati e coerenti.
L’utente sa che i servizi cui si rivolgerà gli offriranno un percorso terapeutico: una “via” integrata di cure; un percorso terapeutico è un programma pluridisciplinare che identifica i diversi bisogni ed i risultati previsti dalle sue varie fasi.
Le sue caratteristiche fondamentali sono:
1. Sviluppo delle équipe pluridisciplinari: il percorso terapeutico tenta di fornire le cure senza soluzione di continuità e tramite tutto lo spettro delle tipologie di trattamento.
2. Ricorso a pratiche evidence-based: un percorso terapeutico dovrebbe essere idealmente basato soltanto su prove di ricerca pubblicate e disponibili. Bisognerebbe apprendere a dare importanza solo agli studi con validi disegni di ricerca. Invece attualmente in alcuni ambiti del campo dell’abuso vi è una mancanza notevole di prove basate sull’evidenza.
3. Disegno per aderire sia ai bisogni sia ai vincoli locali: un percorso terapeutico deve riflettere sia i diversi bisogni dei consumatori di sostanze sia le risorse disponibili.
4. Dimensione: mentre l’adattamento alle circostanze locali è una funzione chiave, il percorso terapeutico dovrebbe definire gli standard di cura che ogni consumatore di sostanze può attendersi da chiunque lo stia curando.
5. Caccia alle varianze: le differenze dal previsto possono accadere per una molteplicità di motivi e, lungi dal rappresentare sempre solo dei fallimenti, possono essere analizzate e contribuire così all’audit clinico per migliorare il percorso stesso.
Per questo la soluzione organizzativa migliore include servizi medici, psicologici, sociali ed educativi; sa connettersi al sociale pur offrendo anche risposte specialistiche; integra il pubblico ed il privato profit e no-profit; si relaziona ai servizi di pronta accoglienza, con quelli residenziali o semi-residenziali.
Ora è ovvio che non è immaginabile che un Sert, specie quelli piccoli, possa da sé ambire ad erigersi a sistema curante. Per permettere la formazione di gruppi operativi stabili ed interprofessionali di un numero tale da non presentare uno stato di crisi ad ogni assenza di personale occorre l’accorpamento in ambito almeno di ASL e poi la differenziazione in sottogruppi incaricati di progetti specifici vincolati all’interno della pianificazione dell’Area o Programma o Sistema o Dipartimento o quello che si vuole nominare purché dotato di visibilità, mezzi ed organizzazione.
Sul tema ho scritto parecchio e così mi sono dilungato un po’; se qualcuno desidera approfondire i vari passaggi sappia che esiste una adeguata bibliografia e documentazione.

Umerto Nizzoli