La conoscenza sui disturbi alimentari e sulle forme della loro presentazione è cresciuta molto anche se rimane molto complessa.

In tutti i campi della scienza vale il “Paradosso di Goethe” che dice più o meno così: “Il sapere è come una sfera, più è grande, più sarà vasta la superficie di contatto con l’ignoto“.

I disturbi alimentari provocano un cambiamento affettivo nelle singole sfere di relazione sociale. Ne consegue che tutte le relazioni ne sono inevitabilmente influenzati.

L’impatto relazionale si estende all'esperienza dei caregiver, inclusi familiari, gli amici e le altre figure di supporto della persona affetta da disturbo.

Se le relazioni sono influenzate, sia positivamente che negativamente, anche il trattamento e il recupero possono esserne influenzati.

Come bene ha dimostrato Fabrizio Benedetti, neuro-scienziato italiano di fama, la speranza è un farmaco.

La capacità di una persona di credere che la propria guarigione sia possibile è essenziale.

Per questo è importante impegnarsi con la persona ben oltre la malattia; c'è vita al di là del disturbo che si sta affrontando.

Mantenere la connessione con la speranza e la fede nella persona è aiutare a mantenere accesa una energia, un fuoco che se ben alimentato, diventa fondamentale per innescare la possibilità di cambiamento.

Si può imparare a formare nuove comprensioni, ad esempio utilizzando approcci narrativi.

L'impegno collaborativo e non giudicante è essenziale per creare spazi sicuri in cui le persone possano condividere le loro storie. Comprendere le storie dei problemi dal punto di vista di un individuo che soffre consente di trovare momenti di conversazione che alimentano speranza pur se all'interno della storia dei problemi.

La speranza aiuta l'individuo ad allontanarsi dal proprio pensiero negativo e a muoversi verso uno schema di pensiero con una prospettiva positiva.

Nel caso dei disturbi alimentari, ciò non è importante solo per la persona che ne è affetta, ma è anche importante per chi se ne prende cura.

Sono talmente convinto del rapporto positivo che possono dare i caregiver nel trattamento delle persone affette da disturbo dell'alimentazione che ho promosso come presidente europeo della Academy for Eating Disorders un convegno esattamente sul ruolo del caregiver nel trattamento

Famiglie, clinici medici e psicologi, operatori di supporto hanno ciascuno un proprio ruolo; distinti ma interdipendenti.

Il ruolo dei caregiver è di interesse emergente.

I clinici spesso si concentrano sui sintomi della malattia; per loro la relazione tra genitore e figlia/o, fratello, amico o altro significativo può essere offuscata; ma è un errore

Il riconoscimento consapevole dell'intera persona, sia da parte del medico, dell'amico o del caregiver, è fondamentale poiché il disturbo alimentare stesso può mascherare, nascondere o devastare le altre aree della vita di un individuo mentre il tempo e gli sforzi vengono spesi negli appuntamenti e in terapia. La persona malata diventa quindi ulteriormente isolata.

Il principio fondamentale è che anche se pazienti rimangono individui unici che hanno altri interessi, opinioni, pensieri e atteggiamenti oltre la malattia. Aiutarli a mantenere relazioni sociali significative li aiuta a reintegrarsi in una vita piena. Bisognerebbe non concentrarsi solo sui sintomi della malattia ma sul benessere della persona.

Durante il recupero dal disturbo alimentare le persone sono ancora proprio questo: persone  che meritano attenzione per le cose che le rendono ciò che sono. Molta ricerca ha dimostrato che la qualità delle interazioni con gli altri, principalmente con i genitori, può avere un impatto diretto sulla gravità dei sintomi.

Le evidenze scientifiche sono ormai tali da avere indotto la Academy ad aprire i propri spazi ai cosiddetti esperti per esperienza, cioè a quei caregiver che hanno sviluppato conoscenze, modi di sapere essere e di sapere fare con le persone affette da disturbo dell'alimentazione.

Approfondendo le connessioni con gli altri interessi di una persona e concentrandoci sulle abilità, possiamo riconnetterci alla speranza. In terapia narrativa questo è chiamato: barlume di speranza. Essi sono vitali per il progresso.

E’ sempre più evidente l'importanza dell'intera persona. Si sta formando un robusto corpo di prove.

Il concetto di persona intera si collega a tutto ciò che è coinvolto nella guarigione di un individuo. La profonda conoscenza dei caregiver della persona da loro amata può essere sfruttata per aiutare i progressi nella conoscenza e negli approcci della terapia.