Sulla conferenza internazionale della Fondazione Gruber sul magistero del caso clinico, Bologna 22-23 novembre 2024
Brevi note a margine
Per una condizione straordinaria il Centro Gruber per i disturbi alimentari è per parte dei suoi lavori parte del servizio pubblico della Asl. E' molto diverso da essere parte di un sistema integrato di cure dove
le differenti agenzie sono coordinate e collaborano; ci si augurerebbe che ovunque le autorità sanitarie istituissero un sistema integrato di cure che include i servizi del privato e del privato-sociale. E è diverso anche da una esternalizzazione di attività pubbliche delegate a un privato. No, il Centro Gruber fa parte del servizio pubblico. Delicati e probabilmente instabili equilibri fra pubblico e privato che però nel breve, almeno, aumenta l'offerta di un servizio pubblica spesso in difficoltà di risorse. Solo Bologna per una particolarissima realtà può sperimentare una soluzione simile per i disturbi alimentari. Anni fa fu fatto qualcosa di simile quando l'Asl di Modena esternalizzò un Sert delegando il Ceis di padre Stenico e di Mario Dondi a realizzarlo. Occorre grande rispetto e delicatezza per reggere un impianto dove pubblico e privato condividono le azioni e miscelano i gruppi professionali senza potere condividere le identità sociali e giuridiche che restano inevitabilmente diverse. I servizi del Centro Gruber (parte di essi) sono nel PDTA della Asl di Bologna. Una contaminazione che può essere feconda ma comunque delicata e irta di punti che possono diventare problematici.
Occorre una forte integrazione dei linguaggi e delle procedure; occorre una forte fiducia reciproca; occorre contenere le umane voglie di primato e le manifestazione di potere. Occorre lungimiranza e manutenzione continua; meglio sarebbe che le due parti usufruissero della medesima supervisione e facessero formazione continua congiunta. Ma le dinamiche di potere possono sempre incrinare i rapporti. Ecco perché occorre che i due vertici, la direzione generale Asl e la Fondazione Gruber mantengano una forte alleanza.
Questa esperienza si fonda sulla liberalità generosa della Fondazione Gruber e della sua amministratrice Isabella Seragnoli, vera anima di questa integrazione.
Bologna ha una esperienza da guardare con grande attenzione. Disegna il rapporto pubblico-privato in modo molto originale. Almeno per la cultura e la tradizione del nostro paese.
A proposito di contaminazione culturali e professionali il Centro Gruber ha una sua storia interna. I due comparti operativi, ambulatoriale e residenziale hanno timbri e si ispirano a modelli teorici e clinici differenti, il cognitivo-comportamentale e lo psicanalitico. Raro vedere, non un singolo professionista, ma due identificabili unità operative così fianco a fianco. Una contaminazione potenzialmente assolutamente fertile. Inevitabili i differenti accenti, che però anziché trascendere in feroci dispute disciplinari si mantengono sotto traccia. Questa realtà dimostra lo stile relazionale positivo di Ballardini, Rugo, Schumann. Direi però che anche questa convivenza è una prova della managerialità della signora Seragnoli: sa fare operare da bravi fratelli anche chi d’acchito forse si sottrarrebbe.
La Fondazione Gruber ha tenuto la sua Quinta Conferenza Internazionale sui Disturbi dell’Alimentazione (DA). Il tema, IL MAGISTERO DEL CASO CLINICO CASI CLINICI, ha sottolineato il bisogno di puntare alla individualizzazione delle cure accogliendo i bisogni del paziente nella loro globalità bio-psichica e curando il sintomo all’interno della organizzazione della persona in cura.
Oltre 400 professionisti sono rimasti incollati a seguire le relazioni nella straordinaria elegante e funzionale sede del MAST di Bologna. Si sono succeduti Giuseppe Craparo, Umberta Telfner, Michele Rugo, Donatella Ballardini, Massimo Recalcati, Vittorio Lingiardi, Nicolò Terminio, Erika Minazzi, Umberto Nizzoli, Nancy McWilliams, Antonia Parmeggiani, Alessia Urgese, Romana Schumann, Raffaella Vanzetta, Elena Tomba, Andrea Longanesi.
La sede bellissima in cui si è svolta la conferenza, lo spazio espositivo del MAST, offre un altro segnale. La scienza trova buona sede in contenitori artistici. Dovremmo avere la capacità di recuperare l’apporto dell’arte, della letteratura, della poesia, della musica come via per l’esplorazione scientifica, per la costruzione delle interpretazioni che fanno i clinici, per la cura dei corpi, delle menti e delle relazioni umane. Le nostre sono scienze che implicano una componente artistica. Altrimenti si riducono a mal interpretare l’essere umano e i suoi problemi come fossero macchine. Noi clinici allora saremmo meccanici o idraulici. Il recupero di nostre radici straordinarie, amo spesso citare Piero della Francesca, Luca Pacioli, Raffaello (la lista può continuare) ci proteggerebbe da essere solo epigoni di chi ha fatto della raccolta dati e della conseguente statistica la stella polare dell’avanzamento della scienza della psichiatria e della psicopatologia.
La traiettoria innovativa sorta con l’introduzione della Qualità in sanità esplosa nelle evidence base, ha generato metodi di raccolta e di stadiazione del valore delle stesse ebm che hanno dato vita a grandi piattaforme che raccolgono ormai milioni di articoli peer reviewed. La logica bulimica del publish or perish sta corrodendo i fondamenti etici e metodologici che sono alla base dell’approccio scientifico. Questa corsa sta mettendo in luce molti punti critici che sono all’odg del dibattito interno alle società scientifiche internazionali, la diffusione delle comorbilità, la debolezza delle diagnosi, l’impossibilità di fare il matching diagnosi-indicazione terapeutica, l’esplosione delle diversità, la decolonizzazione della scienza fatta quasi solo da caucasici su popolazioni caucasiche, l’errore della generalizzazione di ricerche fatte su gruppi specifici, studenti e/o pazienti su tutta la popolazione. Il dibattito critico e autocritico è vasto. Quel che affligge sta nella trascuratezza che quella rincorsa alla raccolta di montagne di dati nell’illusione che la “verità” scientifica si ottenga tramite l’accumulazione di dati opera verso le radici culturali del nostro continente.
Avere focalizzato la conferenza sul magistero del caso clinico recupera la grande tradizione clinica soprattutto mitteleuropea e francese. Ci ha pensato Vittorio Lingiardi ad allargare lo sguardo oltre le nosografie dominanti, Giuseppe Craparo, straordinario, ha riflettuto su Pierre Janet e il trauma, Massimo Recalcati ha ripercorso in modo magistrale il caso di Ellen West di Binswanger. Fonti inesauribili per i clinici che non possono finire appannaggio degli archivi dimenticati da una ricerca mercantilizzata che spesso si limita ad accumulare questionari auto compilati.
Nessuna società scientifica è stata invitata a dare il proprio patrocinio salvo la sezione europea della Academy for Eating Disorders a sottolineare la aspirazione di un respiro internazionale.
I servizi del Centro Gruber operano in stretta collaborazione con la Asl di Bologna. Non hanno voluto identificazioni con Sisdca o altra società poiché limitanti? Avessero voluto chiederlo, avrebbero ottenuto il patrocinio da tutte le società cui si fossero indirizzati. Ma hanno scelto di non chiedere patrocini e relativi logo da esibire. Non ne hanno bisogno. Un segnale di indipendenza e di forza. Anche in questo, piccolo, segnale si scorge la unicità di Bologna e il suo genius loci. Hanno segnato la differenza da una storia che vede progressivamente distaccarsi da Sisdca, la pianta originaria, tanti rami, SIO…Siridap..Sipa… e nel frattempo vede sorgere altre reti sociali Aidap..Ansisa..dando vita a un panorama di frantumati nanerottoli che dicono a parole di volere operare assieme, ma allora perché vi siete separati?, scontrandosi poi nei fatti nella competizione finalizzata a cercare di mantenere il proprio orticello. Con un segno innovativo il Centro Gruber non ha voluto adesioni o patrocini delle varie sigle. Che sia il segnale di un rinnovamento che apre la riflessione vera e coerente che spinge i tanti “cugini” a deporre le armi della competizione e rispettosamente ma saggiamente a riunirsi in una risorta e più nuova società scientifica professionale? Lo spererei ma dubito che i piccoli egoismi di bottega e i narcisismi dei proliferanti presidenti di non si sa più bene cosa vengano messi a tacere.
(citazione: www.umbertonizzoli.it)
Umberto Nizzoli, 24.11.24