una giornalista mi chiede. Qui rispondo
Prof. Nizzoli, la cronaca di questi giorni riporta l’attenzione ai rischi legati all’uso insano dei social. La tragedia di Casal Palocco, in cui ha perso la vita un bambino di 5 anni a causa di un incidente provocato da
giovani youtuber, ci pone ancora una volta davanti al solito interrogativo: cosa si può fare per una generazione nata e cresciuta con lo smartphone in mano, nel bene e nel male?
Da quando praticamente ognuno ha nelle mani uno smartphone, si è continuamente connessi.
La tecnologia ancora una volta trasforma il mondo.
Non è la prima volta che accade: praticamente tutte le evoluzioni delle nostre società sono avvenute perché sono state introdotte delle novità scientifiche.
Molte volte la gente si è ribellata alle novità col tentativo di difendere un mondo antico ritenuto migliore, erroneamente.
Le innovazioni ci sono e occorre farci tutti i conti.
Fu in parte così quando con la scoperta dei motori a scoppio nelle aie dei contadini anziché la carriola cominciava a esserci il trattore: anch'esso fascinoso per i giovani.
Non si pensava certo di continuare a vangare a mano dopo che era stato inventato il motore scoppio per il trattore.
Bisognava però imparare a usarlo, a mettere dei limiti, a dedicarlo a certe funzioni e non ad altre.
E' un po la stessa cosa: bisogna imparare a usare la rete.
Questo apprendimento si profila però più difficile di precedenti innovazioni perché ha rotto le dimensioni dello spazio e del tempo. Con la connessione puoi essere ovunque e anche in tempi differenti.
Quindi l'innovazione da imparare a usare è molto più difficile delle precedenti perché ha fatto saltare le coordinate sulla quali noi esseri umani organizziamo la nostra vita, la nostra storia, le relazioni interpersonali. Ora la storia è miscelata: le relazioni interpersonali accadono ancora nel fisico ma molto spesso nel virtuale.
L'innovazione attuale ha fatto nascere due differenti mondi che convivono nelle stesse persone; cioè ogni singolo partecipa contemporaneamente al suo mondo fisico e al suo mondo virtuale.
Ovvio che trovare un equilibrio è molto complicato anche perché le regole a cui sottostanno il mondo fisico e il mondo virtuale sono differenti. Quindi occorre imparare due tipi di regole non solo uno.
Mi sembra palese che non è per niente facile anche se non è evitabile.
Ci si aggiunga il fatto che le persone non hanno mai avuto questo tipo di esperienze. Debbono perciò imparare a frequentare questi due mondi mentre alcuni, i piccoli, sono nati in questi due mondi. E' un po' come se ci fossero dei genitori che parlano la loro lingua madre mentre le nuove generazioni, per una specie di miracolo, parlano sia la lingua madre sia un'altra lingua totalmente differente. E' molto facile che tra le due generazioni possano nascere tanti equivoci.
La reazione di un genitore difronte a questo genere di notizie può essere di sgomento ma anche di senso di inadeguatezza. Cosa stiamo sbagliando come genitori? Cosa manca a questi ragazzi da spingerli a cercare sfide impossibili da condividere sui canali social?
La sfida a cui si è esposti è titanica. Pertanto sentirsi inadeguati è ovvio. Ci mancherebbe che qualcuno fosse così presuntuoso da pensare di avere già metabolizzato il radicale cambiamento e di essersi adattato per il nuovo mondo nato dalla coesistenza fra il mondo fisico e quello virtuale!
I genitori hanno il dovere di acquisire il massimo delle informazioni possibili per riuscire a rendersi conto della realtà del mondo virtuale e dei meccanismi con cui funziona; farlo evitando gli atteggiamenti apocalittici.
In secondo luogo i genitori, gli adulti in genere, hanno maggiore responsabilità e il loro funzionamento mentale non è così reattivo o emotivo come naturalmente è per coloro i quali sono ancora giovani e adolescenti. Quindi hanno il dovere della prudenza, del cercare di mettere dei limiti; ragionevoli, ma limiti. Lasciare liberamente nelle mani di un bambino o di una ragazzina uno smartphone connesso è un'azione irresponsabile.
È naturale che su questo punto i genitori vengano messi in crisi per la loro autorevolezza o assenza di autorevolezza. O in crisi dai comportamenti di altri genitori e più In generale della società che ha purtroppo un atteggiamento piuttosto permissivo e lassista.
Un genitore è custode della crescita della sua prole; deve perciò cercare di attivarsi affinché i rischi che possono accadere nella crescita possano essere superati positivamente .
È chiaro che qui si aprono i problemi della crisi della famiglia, della mancanza di autorità, della molteplicità delle fonti educative o diseducative e della Babele che si forma attorno a ogni singolo e ogni famiglia creando una condizione di confusione.
Un buon genitore invece deve cercare di portare chiarezza, perché la salute mentale è uno stato di gioiosa calma e sicurezza personale. Purtroppo l'esposizione alla miriade di stimoli che si sono determinati con la connessione continua genera una iperstimolazione e quindi una facile caoticità derivata dalla conseguente complessificazione delle realtà; il che può portare a uno stato simile all'impotenza .
Le reazioni apodittiche del tipo restrittivo, qui ci vuole una legge dura per impedire che accada la tal o la tal'altra cosa, hanno più la parvenza di alibi delle impotenze che quella di veri ragionamenti riflessivi. Il grande problema è quello della educazione.
Se mi permette l'ultima parte della domanda mi sembra arrivi da una lettura potenzialmente diabolica della rete: cosa manca ai nostri ragazzi per andare a assumere sfide di questa natura?
I ragazzi fisiologicamente assumono sfide. È un modo per mettersi alla prova e per imparare a sperimentarsi e riconoscere il proprio valore .
La rete ha accentuato l'esternalizzazione dei comportamenti che non sono più solo esibiti nel gruppo dei pari o nel quartiere di residenza ma sono esibiti a un mondo senza confini spazio temporali, quindi potenzialmente enorme. Basti pensare ai numeri vertiginosi di follower che hanno diversi influencer .
Si vive frettolosamente sommersi da una quantità di stimoli come mai era avvenuto; con una riduzione delle capacità di pensiero e con una riduzione dei tempi di attenzione. All'insegna quindi di una reattività permanente.
E' naturale che se non c'è pensiero, se c'è iperstimolazione, se c'è una corsa continua, se c'è esibizione permanente, se si è inseriti in teatri smisurati, coloro i quali hanno tendenze all’esibizionismo vengono fortemente incentivati.
Va ricordato anche che coloro i quali invece hanno tendenze intime e insicure o il timore del rapporto con gli altri, questa ipercontinua esibizione provoca paure, ritiri e fobia sociale.
Bisognerebbe però smettere di dare la responsabilità ai social; come per volersi liberare dal sentimento di colpa si ricorre alla esternalizzazione della colpa. E' colpa della rete, è colpa dei social. No; i social “semplicemente” incrementano le tendenze prepotenti e esibizioniste che le persone hanno.
C'è quindi il problema di riuscire a educare le persone ad essere più riflessive e meno esibizioniste. Se invece l'educazione è assente o addirittura favorisce l'obiettivo del, farti vedere costi quel che costi, beh! a quel punto la rete, e il mondo che si è creato, accoglie questo tipo di richieste facendole diventare galattiche.
Per capirci, bisognerebbe smettere di dire che un tale è violento perché ha bevuto; è violento per colpa dell'alcol o della droga. La realtà è ben diversa. La realtà è che un tale violento lo diventa in modo più manifesto se beve. Quindi nel caso della violenza associata all'abuso di alcool è la persona violenta che diventa più manifestamente espressa se consuma alcol.
Altrettanto nel caso della ipersfide sulla rete. Chi è esibizionista, chi è stato maleducato con narcisismo prepotente, trova nella rete un'occasione di realizzazione della sua prepotenza e del suo esibizionismo. Non è la rete che fa fare delle condotte esagerate, sono le persone che non sono in grado di essere equilibrate, che vivono continuamente il bisogno di eccitarsi, di stupire, di essere al centro dell'attenzione, che trovano nella rete lo strumento del loro manifestarsi.
Ancora una volta, dai social parte una challange mortale, una sfida a fare cose pericolose e che costano vite umane – ha scritto il Moige - Contenuti pericolosi, che spingono all’emulazione e che attraverso i social ottengono una “rischiosa cassa di risonanza”. Le sfide tra ragazzini sono sempre esistite, il bisogno di sentirsi il più forte o il più spericolato, ma i social hanno moltiplicato all’infinito la platea che assiste allo spettacolo e il gioco rischia di sfuggire di mano. Cosa ne pensa?
Che è vero.
Bisognerebbe Inoltre integrare I due mondi perché la pulsione a emergere e esibirsi è sia del mondo fisico che di quello virtuale. E possono accadere tutte le combinazioni possibili: ad esempio, una persona ha una propensione all'isolamento e alla fobia sociale nella classe scolastica, ma è esibizionista e prepotente sui social. E' un ulteriore elemento di possibile squilibrio nella persona che la doppia realtà provoca. Si può essere un tipo di persona in un mondo e una persona diversa nell'altro. Immagini i riverberi sulle diagnosi.
Il fenomeno dell’oversharing: l’esigenza di condividere ogni aspetto della propria vita personale sui canali social. Non più “cogito ergo sum”, ma “condivido dunque sono”. Si esiste attraverso quello che mostro di me su Instagram, Facebook, TikTok, BeReal, come dentro a un reality show che richiede performance sempre al top. E il gradimento dei follower, il ‘mi piace’, è la risposta gratificante e immediata che dà il senso alla giornata. Lei crede che sarà un fenomeno transitorio che col tempo si allenterà o d’ora in avanti
Credo che siamo entrati in nuova fase evolutiva in cui la coesistenza di due mondi è la nuova normalità; credo che stiamo cercando faticosamente di trovare un adattamento a questa nuova realtà che è inusuale perché obbliga le persone ad acquisire due linguaggi per capire, due modi di comportarsi, due modi di intendere, due modi di processare le cose. In vista, nella speranza, di creare una integrazione fra l'uno e l'altro mondo .
Credo che questo sia un periodo di forti apprendimenti; ma credo che al momento c'è un grandissimo sbando.
E' un po' come nell'epoca del Far West, si sono aperte le frontiere e si sono realizzate delle circostanze veramente pericolose.
Credo perciò che occorra molta prudenza e molta attenzione; perché alla fine occorre mantenere il controllo se non si vuole essere travolti.
Mantenere il controllo su qualche cosa che è così sfuggente è una cosa difficile. Quindi la domanda diventa: è possibile, vivendo in due mondi con due linguaggi diversi, riuscire a realizzare quello che auguriamo a ogni persona, cioè di vivere in condizione di benessere con un vissuto di calma, tranquillità e sicurezza interiore?
Sottoposti alla iper-stimolazione della rete, questo obiettivo è molto difficile. Diventare adulti riflessivi è molto più impegnativo di quanto non fosse tempo addietro. Gli adulti non possono limitarsi a lamentarsi per lo spavento che genera il comportamento di tanti giovani.
Occorre impegnarsi per vedere come le loro competenze possano essere ancora utili per i nuovi apprendimenti. Altrimenti arriveremo alla conclusione che gli adulti non servono più perché sono i giovani che stanno cominciando a sperimentare la vita in due mondi contemporaneamente che imparano dal basso come si possa vivere in queste nuove realtà.
Chiaro che una risposta di questa natura corrisponderebbe alla abdicazione completa del ruolo educativo e di autorevolezza genitoriale. Il mio augurio e il mio impegno personale invece è quello di costruire dei nuovi linguaggi in grado di poter aiutare le persone a vivere bene in un mondo trasformato. (da Stampa Reggiana, luglio 2023)